lunedì 29 giugno 2009

Un nuovo “patto della crostata” in nome del direct marketing.


A quasi 12 anni dal famoso “patto della crostata” siglato sulla bicamerale da Berlusconi, D’alema, Fini e Marini a casa Letta, maggioranza ed opposizione sembrano averne siglato un altro in nome del direct marketing.

Nei giorni scorsi è stato infatti presentato alla Camera dei Deputati un disegno di legge bipartisan (On. Della Vedova PDL e On. Gozi PD) che mira ad introdurre un’eccezione destabilizzante nel principio dell’opt-in sul quale - a torto a ragione - è fondata la disciplina del trattamento dei dati personali nel nostro Paese al fone di facilitare la vita alle aziende attive nel settore del marketing telefonico e complicare quella di consumatori ed utenti.

E’ l’epilogo di una brutta storia di lobby, politica e conflitto tra istituzioni dello Stato che non fa onore a nessuno dei suoi protagonisti.

La vicenda - o almeno le sue ultime puntate - iniziano nel febbraio del 2009, quando con un brutto emendamento al c.d. Milleproroghe approvato in extremis in Parlamento si legalizzò - a tempo determinato ovvero fino al 31 dicembre 2009 - una situazione dichiaratamente illegale: l’utilizzo dei numeri di telefono degli abbonati per finalità di promozionali da parte dei soggetti in possesso di tali numeri nell’ambito di banche dati costituite prima del 1° agosto 2005.

Si trattò di un’iniziativa, come ho già avuto occasione di scrivere, inamissibile nel merito e nel metodo perché si perpetuava ex lege un illecito e lo si faceva al fine dichiarato di superare l’orientamento espresso dal Garante per la protezione dei dati personali in una lunga serie di proprie decisioni a tutela di utenti e consumatori.

A seguito di tale iniziativa, il Garante per la protezione dei dati personali non era rimasto a gurdare e con un bel provvedimento del marzo del 2009 delimitò rigidamente i confini della “proroga di’illiceità”.

Francamente non ho chiaro quanto valga in Italia il mercato del direct marketing nè chi ne siano i principali beneficiari ma, evidnetemente, deve trattarsi di un mercato a molti zeri gestito da chi ha stretti legami con il Palazzo (qui i risultati di una googlata).

Non si spiega diversamente la recente iniziativa legislativa che mira a legalizzare definitivamente l’utilizzo dei numeri telefonici degli utenti per scopi promozionali addossando su questi ultimi il compito di difendersi, procedendo - con modalità da stabilirsi - alla registrazione del proprio numero telefonico in un elenco negativo che dovrebbe essere gestito proprio dall’Ufficio del Garante per la protezione dei dati personali.

In buona sostanza, all’indomani dell’eventuale entrata in vigore della nuova legge che dovrebbe, a tal fine, modificare il Codice privacy, chi non vorrà essere disturbato da telefonate promozionali quando la sera sta per mettersi a cena, dovrà manifestare tale volontà in ossequio al sistema c.d. dell’opt out che, il nostro legislatore, poco più di cinque anni fa, ha giudicato inadeguato alla tutela della privacy dei cittadini italiani.

Ma c’è di più.

Secondo il DDL presentato alla Camera - e, per fortuna, ancora in attesa di essere caledarizzato - si prevede che l’iscrizione del proprio numero nel registro “scada” ogni due anni con il conseguente obbligo per l’utente di dover rinnovare la propria volontà di non ricevere telefonate di disturbo per scopi promozionali e che gli operatori abbiano 30 giorni per allineare i propri databases al registro negativo.

E’ davvero troppo per sostenere come si fa nella relazione di accompagnamento al DDL che si tratta di una norma equilibrata nell’interesse comune di utenti ed aziende del settore ed è davvero troppo anche per riferire - come pure si fa nella stessa relazione - che analogo sistema è in uso all’estero.

Negli Stati uniti - dove nasce l’idea del registro negativo per il direct marketing - il congresso nel 2007 ha modificato la disciplina e trasformato in “permanente” la volontà negativa manifestata dall’utente originariamente valida per 5 anni (un periodo già di per sè doppio rispetto a quello previsto del ddl italiano del 2009!) e in Francia - dove al pari che in ogni altro Paese il sistema dei registri negativi non ha sin qui prodotto grandi risultati in termini di equilibrio dei diritti tra utenti ed operatori - la CNIL ritiene inaccettabile anche solo una settimana di ritardo nel prendere atto dell’opposizione di un consumatore all’utilizzo dei propri dati da parte delle società di direct marketing.

Mi chiedo: come può presumersi il consenso di un utente a ricevere una telefonata commerciale di disturbo?

E subito dopo mi domando: l’interese privato ed imprenditoriale di un singolo settore industriale come può indurre maggioranza ed opposizione a presentare un disegno di legge che travolge i diritti dei consumatori e disattende le indicazioni del soggetto istituzionale cui la legge affida la tutela dei dati personali?

Non so rispondermi se non con pensieri che in una stagione tanto difficile per la libertà di informazione in Rete potrebbero obbligarmi alla rettifica, condannare questo post all’oblio o, piuttosto, determinare la chiusura dell’intero blog per sequestro/inibitoria all’accesso!

E voi? Che risposta vi date? (Commentate a bassa voce please..!)


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