martedì 24 marzo 2009

Colpevoli per non aver commesso il fatto



di MARCO TRAVAGLIO

Testo:
"Buongiorno a tutti,
meno male che i rumeni non sono politici italiani. Pensate se dal 18 febbraio fossero in carcere due politici, mettiamo pure due consiglieri di circoscrizione anche perché fossero parlamentari per definizione non potrebbero essere dentro. Due consiglieri di circoscrizione arrestati per un presunto reato, dopodiché si scopre che non l'hanno commesso ma li tengono dentro lo stesso con accuse che cambiano di giorno in giorno.
Poi arrestano quelli che si ritengono essere i veri colpevoli di quel reato, ma loro rimangono ancora dentro: figuratevi, apriti cielo! Avremmo fiumane di trasmissioni televisive, campagne stampa, articoli di tutti i garantisti di questo mondo – quelli sedicenti. “Ah, errore giudiziario, manette facili! Chissà perché li tengono dentro, forse per fargli confessare un delitto che non hanno commesso.”.
Fortunatamente non stiamo parlando di due politici italiani, ma di due rumeni che solo per la faccia che hanno, a questo punto, sono in galera.
E' bene ricordarseli sempre, questi nomi, perché il degrado che sta subendo il nostro diritto passa attraverso queste storie e quando noi non ci facciamo caso perché “tanto si tratta di rumeni”, “i rumeni sono tutti uguali”, “se non hanno fatto una cosa ne avranno fatta un'altra”, insomma vale per loro il detto cinese “quando torni a casa picchia tua moglie: tu non sai perché la stai picchiando ma lei sì”. Ecco, la stessa cosa vale per il rumeno, il nuovo mostro sul quale scaricare tutte le nostre tensioni e frustrazioni.
Si chiamano Karl Racz e Alexandro Isztoika Loyos. Furono arrestati il 18 febbraio per lo stupro della Caffarella. Il questore Caruso disse – ne abbiamo già parlato – che era un grande successo, li avevano presi con i metodi di indagine tradizionali, con questo che è un modo stranissimo di definire le indagini: è un modo politico di definirle perché c'era, in quel momento e c'è ancora, la polemica sulla legge sulle intercettazioni così il questore, che è il rappresentante della Polizia a Roma e quindi il rappresentante del governo, un dipendente del ministero dell'Interno, si affrettò a offrire sul piatto d'argento al governo un argomento a favore della legge che limita le intercettazioni, ripetendo a pappagallo quello che i politici di centrodestra e spesso anche quelli di centrosinistra dicono: che purtroppo le intercettazioni impigriscono gli investigatori e i magistrati impedendo loro di fare le famose indagini tradizionali.

Maledetta tecnologia

Questa volta si vantavano di avere fatto le indagini tradizionali, di avere usato i metodi tradizionali, il famoso Ogino-Knaus del perfetto detective. Chi volesse divertirsi può andare nell'archivio dell'Ansa e trovare le dichiarazioni esultanti dei famosi ambienti della questura i quali tirano la pietra e nascondono la mano, e si vantavano di avere riesumato le indagini alla Maigret tutte fatte con i metodi tradizionali “senza l'aiuto di nessuna tecnologia” - leggi: senza l'aiuto di nessuna intercettazione, nessun tabulato telefonico.
Dopodiché, purtroppo, arrivano le tecnologie: disgraziatamente abbiamo le tecnologie. Quando sperano di incastrarli definitivamente col DNA, questo smentisce che siano stati loro: e sul DNA non si discute, o sei tu o non sei tu.
Non erano loro.
Problema: può un rumeno non essere stato lui? Può il questore essersi sbagliato? Può il governo avere imperniato tutta la campagna dell'ultima settimana della legge sulle intercettazioni su un fatto falso? No, non si può.
Allora avrà torto il DNA, tant'è che qualcuno cominciava a dire che il DNA non è poi così importante, non è poi così decisivo.
Intanto, però, cosa fecero i magistrati e i poliziotti? Denunciarono e incriminarono i due arrestati per lo stupro per altri reati; uno dei due fu accusato di un altro stupro, quello di Primavalle. L'altro fu accusato di essersi autocalunniato nel famoso interrogatorio di cui abbiamo visto addirittura i filmati in televisione, a Porta a Porta e non. Confessione che poi si è rivelata falsa infatti è stata ritrattata, quindi se confessi un delitto che hai fatto finisci in galera per quel delitto, se confessi un delitto che non hai fatto resti in galera perché ti sei autocalunniato.
Naturalmente il reato di autocalunnia, l'ha spiegato bene Bruno Tinti su La Stampa, presuppone come tutti i reati il dolo, cioè presuppone che uno si autocalunii appositamente per mandare in galera se stesso e per depistare le indagini. Ma dato che di fessi che si autoaccusano di un reato così grave, tra l'altro... che se ti porta in galera hai finito di vivere anche in galera perché il detenuto accusato di molestie sessuali e di stupri, vi assicuro, rimpiange di non aver ammazzato qualcuno o di non avere fatto qualche strage; rischia di subire lo stesso trattamento, in carcere, sapete bene com'è l'ambiente carcerario.

Il rumeno ha sempre qualcosa da nascondere

Ecco, se uno si autoaccusa di un delitto così orrendo, finisce in galera in base a quello che ha detto lui di se stesso e non è proprio pazzo – e qui pazzi non ne abbiamo – allora può darsi che lo abbia fatto o perché l'hanno picchiato e costretto a confessare, che è quello che sostiene lui, oppure perché qualcuno molto feroce che ce l'ha in pugno lo ha costretto ad autoaccusarsi per coprire lui.
In entrambi i casi il tizio avrebbe agito sotto costrizione, avrebbe agito per causa di forza maggiore, per stato di necessità, quindi assolutamente senza il dolo e la volontà di commettere quel reato. Quindi non c'è autocalunnia.
Dopodiché ne aggiungono ancora un pezzo e dicono che ha pure calunniato i poliziotti rumeni, che l'avevano interrogato prima che si accendessero le telecamere e che venisse interrogato dai poliziotti italiani, perché aveva sostenuto che in quel primo interrogatorio davanti ai poliziotti suoi connazionali era stato picchiato e intimidito duramente.
Naturalmente picchiato nelle parti molti, che non si vedono, che non lasciano tracce e lividi. Anche se poi il questore, bontà sua, disse “beh effettivamente presenta alcuni arrossamenti sul collo”.
In ogni caso è stato accusato anche – il famoso biondino – di avere calunniato oltre che se stesso anche i rappresentanti della polizia rumena e per questo è rimasto in galera. Ora, è vero che esistono alcuni casi nei quali la gente finisce in galera anche per calunnia – il famoso caso del falso pentito di mafia Pellegriti che Falcone arrestò perché ritenne che le accuse che lanciava a Salvo Lima e ad altri politici sui grandi delitti di mafia fossero false. Lo stesso accadde a Milano nel 1996-1997 quando furono arrestati due sottufficiali dei Carabinieri, i famosi Strazeri e Corticchia, che avevano testimoniato a Brescia sostenendo di avere le prove del complotto del Pool di Milano, da Di Pietro a Davigo a Colombo, contro il povero Berlusconi; poi si scoprì che erano due peracottari che raccontavano un sacco di fregnacce e che avevano addirittura avuto dei vantaggi dopo avere raccontato quelle fregnacce, visto che erano in contatto con ambienti della Fininvest, e allora furono arrestati.
Ma voi capite che quando uno si inventa un complotto ai danni di un presidente del Consiglio o quando uno si inventa che dei politici siano dei mandanti di omicidi e poi non è vero niente, capite che si tratta di grandi operazioni di depistaggio. Anche Igor Marini fu arrestato per calunnia. Accidenti, era un tale calunniatore che addirittura era arrivato al punto di inventarsi la tangente Telekom Serbia a Prodi!
Stiamo parlando di grandi calunnie; qui cosa volete che sia? E' uno che dice “sono stato io” o “la polizia mi ha picchiato”: si può mai pensare che uno rimanga in galera per un delitto così fumoso, improbabile, ridicolo e poco pericoloso? L'abbiamo capito, non sei stato tu, basta. Ti mettiamo fuori. Questo sarebbe successo – è la mia opinione – se questi due signori fossero stati degli italiani; non dico dei politici italiani: degli italiani.
Il rumeno ha sempre qualcosa da nascondere o da farsi perdonare, quindi rimangono in galera anche se nel frattempo è saltata anche l'accusa a uno dei due per l'altro stupro, quello di Primavalle, e anche se nel frattempo sono stati arrestati altri due rumeni di cui si dice che sono i colpevoli veri!
Noi abbiamo contemporaneamente in galera i presunti colpevoli veri e i sicuri colpevoli falsi.
La cosa stupefacente non è che tengano in galera qualcuno che non c'entra niente, perché per fortuna abbiamo vari gradi di ricorso e prima poi il Tribunale della Libertà, il Riesame, la Cassazione farà giustizia. La cosa paradossale è che non protesta nessuno! Non si leggono editoriali, salvo rarissimi casi, e devo dire abbastanza bipartisan: è intervenuto l'avvocato Ghedini, è intervenuto l'avvocato Calvi, cioè l'avvocato di Berlusconi e quello di D'Alema a dire “ma come vi viene in mente di tenere dentro questa gente?”.
Per il resto, silenzio. Non ho visto dei Porta a Porta col plastico di Primavalle: ho visto dei Porta a Porta che invece tendevano a dimostrare che il tizio, anche se aveva ritrattato la confessione, comunque non aveva motivo di ritrattare e bisognava credere alla confessione. E' uno strano modo di ragionare, se si pensa che invece per quanto riguarda l'avvocato Mills tutti credono alla ritrattazione e non alla confessione, eppure Mills non l'aveva picchiato nessuno quando scrisse la famosa lettera al suo commercialista per dire di avere avuto 600.000 dollari da Mr. B. cioè da Berlusconi, in cambio delle sue testimonianze false o reticenti nei processi milanesi alla Guardia di Finanza e di All Iberian.
Quindi, se Mills confessa per iscritto al suo commercialista in una lettera che mai è destinata a essere pubblicata e poi conferma quella lettera quando i magistrati di Milano lo convocano e poi la smentisce dopo che probabilmente qualcuno gli ha detto di smentirla, tutti credono alla smentita anche sei poi Mills viene condannato ma nessuno lo dice; dall'altra parte, se un rumeno in strane serie di interrogatori, con certi arrossamenti, confessa un delitto che poi si scopre sicuramente non essere suo allora bisogna continuare a credere alla confessione.

C'è chi pagherebbe per vendersi

E' molto pericolosa la deriva verso cui stiamo andando, perché dimostra i danni devastanti che fa un certo clima misto a certe riforme in arrivo. Ne abbiamo parlato, è la riforma che stacca il pubblico ministero dalla polizia giudiziaria. Non è ancora in vigore, ma come voi ben sapete in Italia c'è chi pagherebbe per vendersi; questo lo diceva Victor Hugo ma penso che sia il motto nazionale: c'è un tale conformismo e una tale corsa sul carro dei vincitori che qualcuno tende sempre ad anticipare, addirittura, le riforme che non sono state ancora fatte.
Pensate soltanto a quello che accadde alla procura di Palermo, ai tempi del procuratore Grasso, quando furono eliminati con una specie di “pulizia etnica” i cosiddetti caselliani, i magistrati ritenuti troppo vicini all'ex procuratore Caselli. In realtà non era perché erano amici di Caselli, ma perché avevano condotto i grandi processi ai politici per i rapporti fra mafia e politica; chi si occupava del processo Andreotti, del processo Contrada, del processo Mannino e del processo Dell'Utri soprattutto furono completamente emarginati, furono esclusi da quel circuito di circolazione delle notizie che deve essere la regola principale dei Pool antimafia, per legge, prima ancora che passasse la legge Castelli-Mastella, Castella, Mastelli che affidava al procuratore capo una specie di diritto di vita e di morte su tutta l'attività della procura. Cioè, rifaceva delle procure delle piramidi con un vertice mentre prima il potere delle procure era diffuso e in capo a ogni sostituto procuratore.
Pensate a quello che è accaduto a Catanzaro, dove prima che entrasse in vigore questa riforma che verticalizza le procure e da' tutto in mano ai capi, un procuratore capo – Lombardi – e un procuratore generale – Favi – hanno tolto le famose indagini a De Magistris, anticipando le riforme.
Adesso ne sta arrivando un'altra; l'ha firmata Alfano ma potete immaginare chi l'ha scritta: è quella che espropria il pubblico ministero del potere di prendere le indagini e di dirigere la polizia giudiziaria.
Lo dice spesso Berlusconi: il pubblico ministero deve diventare l'avvocato dell'accusa, cioè la longa manus della Polizia. La polizia fa le indagini, il pubblico ministero non può metterci becco e quando la polizia le ha finite il PM va in aula a sostenere l'accusa contro quelli che la polizia, i Carabinieri o la Guardia di Finanza gli hanno impacchettato.
Pensate a tutti quelli che le forze di Polizia non impacchetterebbero più, visto che dipendono dal governo. E pensate a tutte le indagini a cui non avremmo più possibilità di accedere proprio perché il magistrato di sua iniziativa non potrà più farle, dovrà aspettare che le faccia la Polizia che dipende dal governo.

Rischiamo grosso

Contro questa riforma, che è eversiva in un Paese come l'Italia dove la politica va dappertutto, l'associazione degli studiosi del processo penale diretta da tre avvocati, Amodio, Giarda e Illuminati, hanno espresso “perplessità e preoccupazione di fronte alla elisione del vincolo funzionale fra il rappresentante dell'accusa e la polizia giudiziaria, anche sotto il profilo di legittimità costituzionale”.
Dicono che è incostituzionale, questa porcheria. E poi dicono che “questo orientamento ribalta completamente la prospettiva recepita dal nostro codice, ponendo numerosi interrogativi anche sul piano dell'efficienza del lavoro investigativo. Non foss'altro, perché affida a un organo dipendente all'Esecutivo – cioè la Polizia – l'iniziativa investigativa e le consequenziali scelte di indirizzo”.
Sono parole un po' tecniche per dire che rischiamo grosso togliendo la polizia dal controllo della magistratura e lasciandola esclusivamente sotto la direzione del governo, e i risultati li stiamo vedendo proprio in questi giorni quando una parte della magistratura, quella più servile, si è già messa a fare l'avvocato della Polizia.
La Polizia ti dice che lo stupro della Caffarella è stato fatto da quei due, Racz e Loyos? Perfetto, senza star lì a discutere quelli vengono ficcati dentro e una volta dentro devono rimanere dentro, un'accusa vale l'altra; l'importante è che restino lì per non smentire la Polizia.
Ma quando mai il magistrato deve adagiarsi supinamente sulle tesi delle forze dell'ordine? Le forze dell'ordine fanno il loro giusto e sacrosanto lavoro, ma poi la magistratura deve raffinarlo, verificarlo e spesso deve calmare le forze di Polizia dicendo “attenzione, c'è questo, questo e quest'altro”.
Pensate a quello che è successo per gli altri stupri: qui non c'è uno stupro, di quelli avvenuti a Roma, di cui si sia venuto a capo. Adesso si scopre pure che lo stupro di Capodanno forse non era nemmeno uno stupro, ma un tentativo di rapporto consenziente fra due ragazzi che erano pieni di droga e alcool, talmente pieni che non sono riusciti nemmeno ad avere un rapporto, per cui poi è successa una rissa e il maschio ha picchiato la ragazza.
Cosa deplorevolissima, naturalmente, ma non è uno stupro; tant'è che il tizio che era stato messo ai domiciliari ora è tornato pure a casa perché non ha fatto uno stupro.
E stanno crollando quasi tutte queste indagini fatte negli ultimi mesi sull'onda dell'emozione, con il governo che spingeva per dimostrare una risposta immediata ai cittadini, la Polizia che assecondava il governo e la magistratura che assecondava la Polizia.
E dov'è il controllo terzo, imparziale della magistratura? Ci sarebbe ancora, perché non l'hanno ancora abolito per legge, ma c'è già chi ne fa a meno, chi fa come se non ci fosse più il dovere della magistratura di un controllo imparziale.

Come con Genchi e De Magistris

Guardate che la stessa identica cosa sta avvenendo con i casi che ormai conosciamo abbastanza bene di Gioacchino Genchi e De Magistris.
La procura di Roma ha sempre avvertito questa vicinanza con il potere politico: ci lavorano splendidi magistrati alla procura di Roma, ma anche qualcuno che evidentemente avverte certi venticelli dei palazzi del potere vicini. E guardate cos'è successo con Genchi: la procura di Salerno, competente a indagare sulle attività di Genchi e De Magistris a Catanzaro, aveva già stabilito con una richiesta di archiviazione per De Magistris, che tutta la faccenda del telefonino di Mastella non conteneva reati perché loro non sapevano niente sulla titolarità di quel telefonino fino a che non hanno ricevuto i tabulati.
Allora cos'è successo? Che il Ros dei Carabinieri, non essendo riuscito a far passare le proprie accuse a Genchi e indirettamente a De Magistris, presso la procura di Salerno è andata a cantare in un altro cortile, a Roma e alla procura di Roma hanno aperto un duplicato dell'indagine di cui a Salerno si era già chiesta l'archiviazione, e hanno incriminato Genchi per quei due reati ridicoli che abbiamo descritto la settimana scorsa.
Adesso, nel giorno in cui De Magistris annuncia la sua candidatura alle europee nell'Italia dei Valori, il mattino c'è la conferenza stampa con Di Pietro, al pomeriggio escono le agenzie con la notizia che De Magistris è iscritto dalla procura di Roma nel registro degli indagati.
Naturalmente se si fosse trattato di Berlusconi o di un suo uomo, apriti cielo! Ma come, al mattino annuncio la candidatura e al pomeriggio fai sapere che sono iscritto nel registro degli indagati? E' giustizia a orologeria, avrebbero detto quelli là. Noi non lo diciamo perché non siamo quelli là.
Segnalo, però, che l'iscrizione nel registro degli indagati è uno dei pochi atti segreti. Non l'avviso di garanzia, non l'invito a comparire, non il mandato di perquisizione, il mandato di arresto, il mandato di sequestro. Quelli sono tutti atti pubblici, ma l'iscrizione sul registro degli indagati è un atto segreto; dopodiché a volte i giornalisti lo vengono a sapere, ben venga... possibile che siano venuti a saperlo proprio il pomeriggio dell'annuncio della candidatura?
Abbiamo anche dei giornali che ignorano la consecutio temporum, come questo che titola: “Il PM è indagato e Di Pietro lo candida”.
In realtà la consecutio temporum esatta è: Di Pietro lo candida e la procura di Roma annuncia che è indagato, perché questa è la reale consecutio.
Dopodiché tutti si possono sbizzarrire dicendo che ci sono quei fanatici di Travaglio, Grillo e tutti gli altri che hanno sempre detto che non si devono candidare gli indagati.
Attenzione, siamo seri: se io volessi impedire a chicchessia di essere candidato, presenterei denunce in tutte le procure d'Italia nei confronti di tutti quelli che so che vogliono candidarsi. Nove su dieci, chi viene denunciato viene iscritto come atto dovuto nel registro degli indagati e quindi potrei dire “quello è indagato, non si deve candidare”. Nessuno di noi ha mai sostenuto una sciocchezza del genere, abbiamo sostenuto che se ci sono dei rinvii a giudizio, delle condanne, sarebbe bene farsi da parte; se ci sono delle condanne definitive sarebbe bene che ci fosse una legge che impedisce la candidatura; se uno è indagato bisogna andare a vedere per che cosa lo è.
Potrebbe essere indagato per avere fatto un blocco ferroviario per bloccare un treno che portava delle armi, per esempio: è un reato ma non c'è nulla di indecente moralmente, stiamo parlando di altro.

Il complice De Magistris

Qui di che cosa si tratta? L'indagine su De Magistris è abuso d'ufficio e interruzione di pubblico servizio, non per avere bloccato un'autostrada o una ferrovia. Sapete qual è la colpa di De Magistris? Pensate a come una parte della magistratura ormai va incontro ai desiderata del potere politico nel giorno giusto e nel momento giusto: l'accusa nasce dalla denuncia della procura di Catanzaro contro quella di Salerno che aveva fatto la famosa perquisizione ai magistrati di Catanzaro, e i magistrati di Catanzaro appena indagati e perquisiti da quelli di Salerno avevano contro sequestrato le carte che gli avevano portato via e avevano incriminato, senza avere nessuna competenza per farlo, i loro colleghi di Salerno per abuso d'ufficio e interruzione di pubblico servizio.
L'interruzione di pubblico servizio era dovuta al fatto che quelli di Salerno gli avevano preso l'originale del fascicolo Why Not, impedendo a quelli di Catanzaro di proseguire nelle indagini, che peraltro languivano da mesi e che sarebbero rimaste bloccate uno o due giorni, il tempo di fare le fotocopie e di restituirlo ai titolari dell'indagine.
In ogni caso i magistrati di Salerno vengono denunciati da quelli di Catanzaro per avere fatto quella perquisizione e avere interrotto quell'importantissimo pubblico servizio.
A questo punto, dato che la procura di Catanzaro è incompetente a fare quella iscrizione nel registro degli indagati, l'inchiesta passa poi alla procura competente, che è quella che deve occuparsi degli eventuali reati commessi a Salerno ed è quella di Napoli.
Ma quella di Napoli non può occuparsene perché nel frattempo il CSM ha trasferito De Magistris proprio a Napoli, allora si va nella procura competente a giudicare i magistrati di Napoli, cioè Roma. Ma anche quella di Roma non è competente, perché a Roma lavorano due dei tre magistrati di Salerno che il CSM nel frattempo ha trasferito per avere fatto la perquisizione a Catanzaro, la dottoressa Nuzzi e il dott. Verasani.
Allora, da Roma questa indagine passerà a Perugia, questa è l'indagine: perché c'è dentro De Magistris? Perché è stato De Magistris, con le sue denunce nei confronti dei colleghi di Catanzaro, a innescare quell'indagine che poi ha portato i magistrati di Salerno a fare la perquisizione a Catanzaro. Anche De Magistris è complice dei magistrati di Salerno per essere poi andati a Catanzaro a portar via le carte di Why Not interrompendo il pubblico servizio.
Questo è il reato che gli viene contestato: “Indagato, eppure lo candidano lo stesso”...
Per essere andato a Salerno a difendere il lavoro che lui riteneva buono – poi nessuna sa se era buono o se era cattivo perché non gli hanno fatto concludere le indagini – e segnalato, com'era suo dovere, gli insabbiamenti e gli ostacoli che aveva incontrato presso i colleghi e i superiori di Catanzaro, De Magistris è indagato.
Quante possibilità ci sono che venga processato per delle cose così assurde? Ecco perché noi siamo sempre affezionati alle carte, ai fatti: perché bisogna grattare dietro la parola “indagato” e andare a vedere cosa c'è. Se fosse indagato perché l'han beccato in un'intercettazione mentre parla con un mafioso, basterebbe e avanzerebbe l'iscrizione nel registro degli indagati per rendere inopportuna la sua candidatura; ma visto che è indagato per quello che vi ho detto, probabilmente avere difeso il proprio lavoro non è una cosa – anche se costituisse reato, cosa di cui dubito – sia infamante e incompatibile con una candidatura.
In ogni caso, resta il problema che dicevo prima: ci sono magistrati della procura più importante d'Italia che tengono in galera gente che non ha commesso lo stupro per il quale erano stati arrestati, continua a tenerli in galera anche se sono stati arrestati i presunti colpevoli veri e nello stesso tempo attiva e comunica, anche violando i segreti, indagini nei confronti di persone che sono entrate nel mirino di tutta la politica, come Genchi e De Magistris, che se avessero commesso dei fatti riprovevoli giustamente dovrebbero essere perseguiti, ma come abbiamo visto vengono accusati di reati molto strani, fumosi di cui non si vede dove sia la consistenza mentre si vede dove sta l'interesse nel colpirli con indagini per poi poter dire “sono indagati”.
L'uno per evitare che gli vengano conferiti ancora degli incarichi di consulenza, l'altro per evitare che possa fare la sua campagna elettorale come è suo diritto.
Ultima cosa, e poi mi taccio: avrete notato che sono stati arrestati i “veri” colpevoli, così ci è stato detto, dello stupro della Caffarella, altri due romeni, e sono stati arrestati come? Con metodi tradizionali, quelli di Maigret e del questore Caruso? No, sono stati arrestati grazie a un incrocio complicatissimo di tracce telefoniche, tabulati telefonici, schede che passano da cellulare a cellulare, a partire dalla scheda dei telefoni che sono stati rubati ai due ragazzini durante il famigerato stupro. Schede che poi hanno cambiato vari titolari, vari cellulari... alla fine si è arrivati al mercato nero dove erano stati rivenduti e ricettati e si è riusciti a risalire a chi poi li aveva comprati, venduti e infine si è arrivati a scoprire, si spera, i veri stupratori della Caffarella.
Questo metodo di lavoro, incrociare i dati telefonici, i tabulati e le intercettazioni, vi ricorda qualcuno? Vi ricorda qualcosa? A me ricorda il metodo Genchi. Mi ricorda il famigerato metodo Genchi, che quando viene usato nei confronti dei rumeni va benissimo, applausi a scena aperta; quando viene usato nei confronti dei politici apriti cielo!
Passate parola."

Grillo 168 e il silenzio del potere



intervento di Beppe Grillo

Inizia oggi Grillo 168. Ogni sette giorni commenterò con un video una settimana pazzesca. Attenti! Grillo 168 è un elemento più pericoloso del Polonio 210.
Sono appena tornato da Parma dove ho testimoniato sulla Parmalat. Mi hanno chiesto come facessi a sapere. Belin, che domande...Lo sapevano tutte le banche e gli organi di controllo. Il giudice, invece del sottoscritto, avrebbe dovuto convocare i responsabili della Consob e della Banca d'Italia di allora e chiedere ragione del loro silenzio. Il silenzio si dice che sia d'oro, ma in Italia il silenzio è di piombo, il silenzio è potere, il silenzio è mafioso, il silenzio è politico. il silenzio è giornalistico.
Buon Grillo 168.

"Grillo 168 inizia! Come il Polonio 210 deve diventare.
La settimana è stata irta di cose. Le ultime, pazzesco, AN che si scioglie nel PDL. Questa diarrea politica. Si è sciolta come una scarica di diarrea nel PDL. E la carta igienica la porterà Gasparri. Quindi può succedere qualsiasi cosa. È successo che ci siamo visti e ci siamo salutati a Firenze. Abbiamo fatto le liste civiche che a giugno saranno presenti in moltissimi comuni, certificate dal blog. Abbiamo fatto la Carta di Firenze. Parliamo di cose come la non privatizzazione dell’acqua, la ripubblicizzazione, le energie rinnovabili, la raccolta differenziata spinta. Insomma, le nostre battaglie sui pannelli, sul wifi libero e gratuito. Le nostre cose. Noi non molleremo mai. È questo il nostro principio.
Stanno cercando di fare cose inenarrabili. Ci ha provato prima Levi, poi ci ha provato D’Alia, poi ci ha provato Cassinelli, adesso ci provano queste cellulitiche che sono in Parlamento. La Carlucci. Dobbiamo parlare di Rete con una che non sa un cazzo perché deve proteggere le major. Ma veramente … Qui siamo ridotti che ci sono tre milioni di disoccupati in più e questi parlano di bloccare la Rete, di bloccare i server. Continuano ad andare avanti col digitale terrestre che è morto. Vai a parlare in Sardegna del digitale terrestre e ti dicono: “Zagasau, gu, sa sau ugusau zau!” una roba indescrivibile.
E qui continuiamo a sparare cazzate. L’ultima cazzata del governo del nano – di Truffolo – è stata quella di dire che abbiamo il tasso di disoccupazione più basso in Europa. Sono balle! Sono balle. Il tasso di disoccupazione è un dato che non può neanche determinare. Infatti l’Eurispes viaggia coi tassi di occupazione. Il nostro tasso di occupazione è il più basso d’Europa. È al 58% con una media invece di occupazione del 67%. Sono palle di questa gentaglia qui.
Basta. Abbiamo visto di tutto. Manganellano gli studenti a Bergamo, a Pisa. Manganelli, la smetta coi manganelli! Per cortesia, la smetta! Non diventi per forza coerente col suo cognome. La smetta!
Non è possibile che i referenti delle istituzioni per i cittadini debbano essere dei poliziotti anti-sommossa. Quelli di Pisa volevano dimostrare che un piazzista come Pera. Uno che era tra i socialisti poi è passato di qua con un carpiato con un coefficiente di incasinamento incredibile – è passato di qua e di là – va a vendersi un libro: “come essere oggi cristiani …” Come essere oggi cristiani?! Vai a fare il piazzista dentro le università degli studenti e gli studenti che vogliono venire a dirti che cazzo fai li dentro li fai manganellare dalla polizia? Allora facciamo una cosa ragazzi. Invece di fare questi casini davanti alle università, fate voi un libro, fate una tesi: come non essere piduisti e mafiosi. E la portate a discutere in Parlamento. Se i parlamentari e i senatori dicono qualcosa, la polizia può caricare liberamente. Veramente quella gente lì va caricata.
È successo qualsiasi cosa, per arrivare ad adesso che sono andato a Parma. Mi hanno di nuovo chiamato. Mi hanno di nuovo chiamato a Parma per la Parmalat. Sono andato a deporre, ho dovuto dire: “lo giuro, lo giuro, lo giuro dirò sempre la verità, lo giuro …” e poi ho ripetuto quello che sapevo nel 2001. Lo scandalo è successo nel 2003 a dicembre. Io nel 2001 dicevo della Parmalat. Ma non perché sono un mostro, per ché sapevo le cose, chissà che controspionaggio facessi. Lo sapevano tutti, lo sapevano tutti.
Perché allora un comico arriva a dire delle cose due anni prima del più grande scandalo finanziario in Europa. Perché? Ve lo spiego io perché. Per questa cosa qui. Vi faccio vedere la mappa del potere.
I giornalisti sapevano tutto, ma non potevano dirlo. Io che non sono un giornalista, lo dicevo. Però era troppo poco dirlo nelle piazze, nei palazzetti, per la strada. Sarebbe bastato un minuto di un telegiornale, di un telegiornale serio che facesse un servizio pubblico. Un minuto di un giornalista serio, coi contro-coglioni, che avesse detto quello che era. Bastava andare sul sito della Banca d’Italia, nel sito adatto, per vedere l’indebitamento delle società quotate in borsa. C’erano tutti. Sono andato là, ho portato tutti i documenti della Fiat e della Telecom, così si portano un po’ avanti col lavoro già che ci siamo. E perché non si può parlare e perché nessuno parlava di queste cose.
La mappa del potere. Prendiamo ad esempio il più grosso gruppo editoriale che abbiamo - l’industria editoriale, ormai una parola che non significa più niente, stanno fallendo tutti, stanno chiudendo quasi tutti – il Corriere, finanziato con 18 milioni di euro di soldi dal Governo. Ecco perché è filo governativo. Chiunque sarebbe filo governativo se il governo gli da 18 milioni di euro così, a babbo morto.
Bene, il gruppo RCS Mediagroup SpA, quotato in borsa, vediamo chi sono, chi c’è dentro il gruppo. Ecco perché nessuno parlava e nessuno può parlare ancora oggi. C’è un conflitto di interessi che non è neanche più un conflitto. Ci sono tutte le banche. Dentro la partecipazione azionaria del gruppo RCS Mediagroup SpA ci sono: Merloni Invest SpA, Sinpar Società di Investimenti e Partecipazioni SpA col 2%, il Banco di Napoli SpA, Banca Imi con lo 0,005%, il 5,9% quasi il 6% UBS Fiduciaria, Pandette Finanziaria col 3,9%, Generali, Ina Assitalia, Toro Assicurazioni, Intesa SanPaolo con il 5%. Allora? Queste sono quelle quotate in borsa. Poi, dentro la proprietà ci sono anche aziende che non sono quotate in borsa, sempre dentro il gruppo. C’è la Sasa, Fiat, Societé De Partecipation Financiere Italmobiliare SpA, Saifin Sai, Sasa Assicurazioni e Riassicurazioni SpA, Partecipazioni Editoriali, la Sainternational SA, Dorint Holding, Franco Tosi, Edizione Holding, Siat Società Italiana Assicurazioni e Riassicurazioni. E poi ci sono i consiglieri che sono dentro. Io vorrei che voi vedeste questa mappa. Ve la faccio vedere. La vedete questa mappa? Quegli omini lì sono tutti veri, con nomi e cognomi.
E abbiamo gente che è consigliere in 7 società contemporaneamente, che sono anche in concorrenza. Vi faccio qualche nome, qualche ditta. Perché io non racconto delle balle. Tamburi Giovanni: Tamburi Investment spa - presidente e amministratore delegato, amministratore in Interpump group spa , è amministratore in Datalogic spa, amministratore in De longhi spa, amministratore in Immsi spa, amministratore in Zignago vetro spa, vice presidente in M&c management & capitali spa. Ligresti Jonella, la figlia di Ligresti, è nella Fondiaria sai spa - presidente del consiglio di amministrazione, è vicepresidente in Premafin finanziaria spa holding di partecipazioni, è nel consiglio di amministrazione di Rcs mediagroup spa, amministratore di Milano assicurazioni spa, amministratore di Italmobiliare spa, è consigliere di sorveglianza, perché sorveglia anche Mediobanca spa. E poi andiamo a De Benedetti, Diego Della Valle, Carlevaris, Delfino, sono tutti in assoluto conflitto di interessi. La Borsa andrebbe chiusa domani mattina. È questo che ho detto io!
Quindi io vi lascio alla prossima settimana. 168. Mi raccomando. Grillo 168, peggio del Polonio 210. Ciao!"

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lunedì 16 marzo 2009

Censura su YouTube Scaricare e Diffondere



diffondere diffondere e ancora diffondere!!!!!

Strane cose a Palermo



riporto l'intervento di MARCO TRAVAGLIO

Testo:
"Buongiorno a tutti.
Ricominciano a succedere strane cose a Palermo. Lo sapete se avete letto Repubblica, che è l'unico giornale, credo, che se ne sia occupato; o se avete letto il blog di Grillo: il presidente della Commissione Affari Costituzionali Carlo Vizzini, Forza Italia, è indagato per una brutta storia – presunta naturalmente, infatti per il momento è soltanto indagato – di riciclaggio del denaro della famiglia Ciancimino, cioè del vecchio sindaco mafioso legato al clan dei Corleonesi di Palermo.
Quel Ciancimino che poi gestì la trattativa, insieme a due ufficiali del ROS, durante le stragi e dopo le stragi fino al giorno della cattura di Riina, della mancata perquisizione del covo di Riina.
Insomma, chi segue i nostri blog e le nostre attività, di questo sicuramente qualcosa ricorda.
Bene, la procura di Palermo è impegnata in questa indagine, che non è un'indagine nuova: semplicemente i magistrati hanno aperto qualche armadio rimasto chiuso sotto la vecchia gestione del vecchio procuratore Grasso, e hanno scoperto che c'erano delle interessantissime notizie di reato – intercettazioni e altro – che non erano mai state valorizzate o trascritte dalle quali, tra l'altro, risultavano questi rapporti d'affari tra il clan Ciancimino e alcuni politici tra i quali Vizzini, che è uno dei più importanti uomini di Forza Italia; ed era anche uno dei più presentabili.
Insieme a Peter Gomez lo avevamo inserito nel libro “Se li conosci li eviti” tra gli esempi virtuosi; è vero che in Forza Italia per trovare un virtuoso ad alto livello bisogna andare col lanternino, però aveva fatto una proposta molto importante, in commissione antimafia, quella per monitorare le candidature ed escludere gli indagati. Adesso vedremo se quella regola che aveva proposta per gli altri vale anche per lui.
Perché ho detto questo? Non perché voglia parlare di questa indagine, non è il caso di fare le indagini o di anticiparle, poi io non ne so nulla: per fortuna i magistrati tengono bene il segreto quando non ci sono deviazioni come quelle che abbiamo visto a Catanzaro dove c'erano fughe di notizie istituzionali.

Le telefonate tra Cuffaro e Berlusconi

Ne parlavo perché proprio in questo momento in cui la procura è impegnata su questi rapporti tra la politica e Ciancimino ed è impegnata a riscontrare le clamorose dichiarazioni del figlio di Ciancimino sul “papello” di Riina e su tutto quello che ruota intorno – il papello è un po' la carta fondante della Seconda Repubblica, per chi ha studiato la storia e non l'ha dimenticata dal 1992 ad oggi – parte, a freddo, un attacco politico-mediatico al capo di Palermo Francesco Messineo.
E' una persona molto riservata, poco appariscente, non l'avete credo mai visto in televisione. E' un magistrato vecchio stampo, conservatore, che lascia lavorare i suoi colleghi e i suoi Pubblici Ministeri e ha riportato la concordia in una procura che ai tempi di Grasso era spaccata a metà e ha riportato soprattutto quel principio della circolazione delle informazioni che è il principio base sul quale nacque il pool antimafia di Falcone e Borsellino.
Questo procuratore, da molti dipinto come un vecchio conservatore che non vuole noie, ha avuto il coraggio di andare in aula davanti al Gip di Palermo, due anni fa appena insediato, per chiedergli di revocare l'ordinanza con cui aveva disposto la distruzione delle famose telefonate fra Cuffaro e Berlusconi, telefonate che la procura del procuratore Grasso aveva pensato di far distruggere ritenendole irrilevanti: erano le telefonate in cui Berlusconi diceva di avere parlato col ministro Pisanu a proposito dei processi a Cuffaro e che quindi c'era da stare tranquillissimi. Nessuno ha mai capito a quale titolo il presidente del Consiglio dell'epoca – siamo nel 2004 – parlava in piena indagine Cuffaro col ministro dell'Interno e poi avvertiva Cuffaro, e dato che l'inchiesta sulle talpe nella procura di Palermo che poi ha portato al processo a Cuffaro, Aiello, al maresciallo Ciuro, al maresciallo Riolo, a Borzacchelli – chi ha letto un po' dei nostri libri un'idea se l'è fatta – si era sempre dovuta fermare di fronte all'ultima fonte che conosceva in anticipo le mosse degli inquirenti e che quindi avvertiva una volta Aiello, una volta addirittura il boss di Brancaccio Guttadauro, su dove erano piazzate le cimici e su quando bisognava parlare al telefono e quando no.
Quest'ultima fonte i magistrati l'avevano sempre individuata in una fonte romana, che però non aveva mai avuto un nome o un volto: forse quelle telefonate tra Cuffaro e Berlusconi dove si parlava di un giro di informazioni non proprio regolare, visto che erano tutte notizie coperte dal segreto, poteva far luce ma, invece di svilupparle, il procuratore Grasso chiese di distruggerle.
Quando poi arrivò Messineo andò in aula e chiese di revocare l'ordine di distruzione. Purtroppo non si poteva più farci nulla e quelle bobine, piuttosto preziose secondo me, furono distrutte e nel frattempo Grasso diventò procuratore nazionale antimafia, anzi gli fecero una legge apposta per levargli di mezzo il suo concorrente più temibile, Caselli.

Non aprite quei cassetti

Bene, oggi se voi guardate sui giornali, nel mentre che stanno avvenendo queste indagini delicatissime intorno al mondo Ciancimino, trattative, mandanti occulti, stragi, c'è un attacco improvviso, a freddo, al procuratore Messineo. Perché? Per una storia che era già nota due anni fa quando è stato nominato dal CSM a procuratore capo, cioè che suo fratello è sotto processo per truffa a Palermo, cioè la stessa procura di Messineo sta sostenendo l'accusa e sta chiedendo la condanna del fratello del procuratore, e perché suo cognato – il fratello di sua moglie – dieci o venti anni fa ha avuto delle indagini perché aveva dei rapporti con un vecchio capomafia, un tale Bonanno, e adesso viene fuori che al figlio di questo Bonanno il cognato del procuratore aveva suggerito, tramite la moglie di questo figlio di Bonanno, di cambiare aria visto che questo tizio era piuttosto nervoso e temeva di finire stritolato nelle guerre per bande che si sono scatenate in Cosa Nostra.
Dato che non è reato dire a uno di cambiare aria, non ci sono indagini nuove e quelle vecchie erano state a suo tempo in un caso archiviate in un altro finite in assoluzione – quindi questo fratello della moglie, per quanto abbia delle amicizie discutibili, non è indagato né per mafia né per altro -; il fratello viene processato per truffa alla Regione, credo, con la procura che chiede la condanna. Cosa ci possa fare Messineo di quello che fa suo cognato è evidente che è incomprensibile.
Eppure, giornalisti che non hanno mai scritto una riga su certe indulgenze della vecchia procura nei confronti del potere politico, anzi hanno sempre coperto quelle indulgenze, improvvisamente si scatenano contro Messineo e adesso, grazie a questo scatenamento, prontamente il CSM si sta interessando della vicenda e il centrodestra, soprattutto, sta cercando di far fuori questo procuratore che ha il grave torto di avere consentito ai suoi collaboratori di aprire certi cassetti e certi armadi per riscoprire quella stagione di processi sui rapporti mafia-politica che negli ultimi ani sembrava essersi completamente esaurita.
Perché pare che esistano ancora rapporti fra mafia e politica, questo ve lo voglio dire con una certa sicurezza.

Una “curiosa” perquisizione

L'altra cosa stravagante che accade a Palermo – diciamo stravagante per non dire di peggio perché qua, come dice giustamente l'interessato, c'è da ridere per non piangere – è la perquisizione del Ros nella casa e negli uffici di Gioacchino Genchi.
Gioacchino Genchi è un dirigente della Polizia di Stato che da anni era in aspettativa sindacale per poter svolgere a tempo pieno, con la sua società, consulenze informatiche, telematiche e telefoniche per decine e decine di procure. Anche qui, chi segue il blog è abituato a conoscerlo, è inutile presentarlo di nuovo.
L'hanno perquisito per un intero pomeriggio e una parte della notte, con tre accuse piuttosto curiose, lo dicevo proprio per evitare termini offensivi nei confronti di chi le muove. Limitiamoci a dire che sono curiose.
Ho qua i due decreti di perquisizione, vorrei esaminarli con voi non per fare l'indagine in presa diretta, l'indagine la fa la magistratura ed è giusto così, ma perché vi rendiate conto della sproporzione che c'è tra lo scatenamento contro Genchi e le cose che gli vengono contestate.
Badate, la sproporzione che c'è anche nel caso in cui le cose che gli vengono contestate fossero vere. Poi non sono vere, come vedremo, ma anche se fossero vere vi rendereste conto che stiamo parlando di fesserie in base alle quali, però, questo signore è stato trasformato in un mostro e rischia di non lavorare più, perché è ovvio che se tutti i giornali continuano a scrivere che è un mostro sarà difficile che qualche magistrato si azzardi ancora a dargli delle consulenze. Gli ultimi che gliele hanno date, cioè De Magistris e la procura di Salerno, si sono ritrovati paracadutati e catapultati fuori dai loro uffici e sputtanati sulla pubblica piazza.
La prima contestazione che c'è nel decreto di perquisizione la trovate sul nostro blog, voglioscendere.it: sono due i decreti di perquisizione perché due sono i procedimenti a carico di Genchi alla procura di Roma... che non si vede bene che cosa c'entri, tra l'altro, visto che Genchi abita e lavora a Palermo ed è accusato di avere fatto delle cose nella sua qualità di consulente della procura di Marsala, che è in provincia di Trapani e della procura di Catanzaro, che è in provincia di Catanzaro, non di Roma. Forse perché Genchi ogni tanto va a Roma a visitare qualche museo, chi lo sa?
Scrive la procura: “Rilevato che, come emerge dall'informativa dell'Agenzia delle Entrate e in particolare dall'esame del tabulato afferente circa 2600 interrogazioni all'anagrafe tributaria effettuate da Genchi Gioacchino, utilizzando l'abilitazione – cioè la password – del comune di Mazara del Vallo, l'indagato avrebbe fatto accesso a tale sistema informatico acquisendo, elaborando e trattando dati ben oltre i termini e le finalità per i quali aveva conseguito l'abilitazione. Attese le, a volte anche reiterate, interrogazioni riguardanti soggetti residenti in località diverse e non prossime a Mazara Del Vallo quali ad esempio Milano (13 soggetti), Parma (16 soggetti), Roma (14 soggetti), ritenuti quindi sussistenti gravi indizi di reati di cui sopra per avere l'indagato, pur avendo titolo per accedere al sistema, agito per finalità diverse da quelle consentite”.
Qui siamo a Marsala, ci sono indagini sulla scomparsa di Denise Pipitone, la bambina di Mazara Del Vallo che da anni manca all'appello della povera madre. Genchi era il consulente della procura quando c'era il vecchio procuratore, che è cambiato poi per scadenza nell'ultimo anno.
Cosa fa Genchi, naturalmente? Si tracciano i tabulati di tutti i parenti, amici, persone che hanno avuto a che fare con la famiglia perché si brancola nel buio. Non c'è neanche un indiziato, è il classico delitto contro ignoti, e si comincia a prendere i tabulati per vedere se ci sono rapporti sospetti, movimenti sospetti in modo da cercare di trovare questa bambina.
E' ovvio che una ciliegia tira l'altra e nei tabulati, ogni volta che si trova qualcosa da verificare in un telefono e nei rapporti tra un telefono e altri telefoni, si prendono i tabulati di questi altri telefoni, poi i tabulati di quelli che sono in comunicazione con quei telefoni. Insomma, si fanno queste indagini a raggiera di cui Genchi ha spiegato molte volte, anche ieri sera a La7.
Che senso ha contestargli di avere interpellato l'anagrafe tributaria per identificare delle persone che non abitano a Mazara Del Vallo? Voi pensate davvero che per fare un'indagine su un fatto avvenuto a Mazara Del Vallo si debbano controllare soltanto persone residenti a Mazara Del Vallo e sia strano controllarne 13 a Milano, 16 a Parma e 14 a Roma? Qui sembra di essere in un cartone animato, anche di scarso spirito.

Un reato inesistente

Il problema è un altro, è quello della password: quando indaga sul caso di Denise Pipitone, Genchi scopre che c'è un sistema molto facile per risalire da un nome al suo stato di famiglia, al suo indirizzo, al suo codice fiscale, cioè a quei dati caratteristici che ti danno la certezza che stai veramente inseguendo quella persona e non un omonimo e per capire cosa fa quella persona.
Il sistema è quello di accedere all'archivio dell'Agenzia delle Entrate dell'anagrafe tributaria e prendere l'indirizzo, lo stato di famiglia e il codice fiscale. Da quel momento, non solo si fa abilitare a entrare nella banca dati dalla procura di Marsala per cui sta indagando su Denise, ma anche da tutte le altre procure per le quali lavora perché è, appunto, uno strumento di lavoro avere la banca dati dell'Anagrafe Tributaria.
Così, mentre lavora a quell'indagine lavora anche a molte altre, mentre ha acceso il computer ed è entrato nell'Anagrafe Tributaria deve controllare le posizioni di 100 persone, una che fa parte di un'indagine che sta seguendo a Milano, una a Parma, una in Calabria, una Catanzaro, una in Puglia, una in Sardegna e quella di Mazara Del Vallo e le fa tutte con la stessa password, mi sembra ovvio.
E' semplicemente assurdo che uno per accedere a una banca dati cambi password ogni volta che deve accedere per fare un controllo: intanto perde tempo, poi che senso ha? L'importante è essere autorizzati dall'autorità giudiziaria ad accedere a quella banca dati per fini di giustizia.
Certo, se avesse controllato delle persone che interessavano a lui senza autorizzazione sarebbe scorretto, ma lui controllava persone che gli servivano nelle sue indagini per una serie di procure d'Italia e usava una sola password perché quella aveva per entrare, in quel momento. Ma era autorizzato da tutte le procure che gli avevano dato la consulenza a utilizzare la banca dati dell'Anagrafe Tributaria.
Questo gli viene contestato come reato di accesso abusivo a sistema informatico: per farlo bisognerebbe che ci fosse un dolo, che lui avesse la volontà di violare la legge o fare del male a qualcuno. Immaginatevi a chi fa male uno che per controllare un codice fiscale usa una password anziché un'altra, tutto autorizzato, tra l'altro: usa la password che gli hanno dato per l'indagine di Marsala per controllare uno che gli interessa per l'indagine di Catanzaro o di Milano. Che reato è? Che senso ha una cosa di questo genere? Ma per questo l'hanno perquisito.
Tra l'altro la procura di Roma dice di averlo perquisito facendo portar via al ROS soltanto le carte relative a “Why Not”; in realtà Genchi sostiene che gli hanno portato via tutto: i file relativi a consulenze che stava facendo per molte altre procure, per casi di omicidio, per strage, suoi documenti difensivi. Questa è naturalmente la versione di Genchi, vedremo chi ha ragione.
La cosa simpatica è che, a Palermo, il ROS era famoso per le sue non perquisizioni visto che era riuscito a non perquisire il covo di Riina nel 1993, a non perquisire quello di Provenzano nel 1996, tant'è che c'è il processo all'ex capo del Ros, il generale Mori per questa ragione. Stavolta il ROS è riuscito a perquisire casa Genchi, forse è stato l'entusiasmo per essere entrati finalmente a fare una perquisizione che gli ha portati a esagerare un po' sulle cose da portar via.
Resta da capire come abbia saputo, la procura di Roma, che Genchi aveva interpellato l'Anagrafe Tributaria per posizioni diverse da quelle dell'inchiesta su Denise Pipitone, perché come fanno all'Agenzia delle Entrate a sapere chi sono le persone controllate per l'inchiesta su Denise e quelle per un'altra indagine?
Gli unici che potevano saperlo erano quelli della procura di Marsala, tant'è che all'inizio l'Ansa aveva scritto che era stata proprio la procura di Marsala a denunciare Genchi a Roma. Il nuovo procuratore di Marsala è il famoso Alberto Di Pisa, un noto nemico di Giovanni Falcone contro il quale disse delle cose molto pesanti davanti al CSM. Era quello che era stato accusato addirittura di avere scritto le lettere anonime del Corvo di Palermo, poi invece era stato assolto in appello.
Invece Di Pisa ha smentito, ha detto che non ha fatto nessuna segnalazione quindi ne dobbiamo prendere atto, anzi io l'avevo scritto nel mio blog e raccolgo volentieri la sua rettifica.
Resta da spiegare, questi dell'Agenzia delle Entrate come hanno fatto a sapere che tizio che stava a Parma non era seguito per l'inchiesta su Denise ma per le inchieste di Catanzaro o chissà dove. Boh, mistero.
In ogni caso resta da capire dove diavolo sia il reato, visto che tutti quegli accessi erano autorizzati dalla magistratura.

I presunti abusi d'ufficio

Ma andiamo a vedere gli altri due capi d'accusa. Gli altri due capi d'accusa sono abusi d'ufficio, cioè Genchi, che quando diventa consulente di una procura assume le vesti di pubblico ufficiale – intanto è pubblico ufficiale perché è un poliziotto, poi lo è perché è un consulente - quindi ha l'obbligo di verità. Ha l'obbligo di dire la verità e di depositare tutto ciò che trova, non soltanto le prove favorevoli all'accusa. In quella veste avrebbe abusato del suo ufficio, lavorando nell'inchiesta Why Not insieme a De Magistris, per acquisire illegalmente tabulati di telefoni che appartengono o appartenevano a parlamentari e a esponenti dei Servizi Segreti.
Infatti qua si dice: “Delitto di cui all'articolo 323 c.p. Perché con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso – pensate che roba – nella sua qualità di pubblico ufficiale quale consulente tecnico del PM di Catanzaro Luigi De Magistris, operando in violazione delle disposizioni di cui […] - e qui si riferisce alla legge Boato, quella che stabilisce che per usare un'intercettazione di un delinquente che parla con un parlamentare ma anche per acquisire il tabulato del telefono di un parlamentare, ci vuole prima - la preventiva richiesta di autorizzazione alla Camera di appartenenza per l'acquisizione di tabulati di comunicazione di membri del Parlamento”.
Ecco, lui in barba a questa norma, scrivono i giudici di Roma Rossi e Toro, “acquisiva, elaborava e trattava illecitamente i tabulati telefonici di utenze in uso a numerosi parlamentari, intenzionalmente arrecando agli stessi un danno ingiusto consistente nella conoscibilità di dati esterni di traffico relativi alle loro comunicazioni telefoniche, in assenza di vaglio e autorizzazione preventivi delle Camere di Appartenenza e perciò in violazione delle garanzie riservate ai membri del Parlamento all'articolo 68 della Costituzione.”
Praticamente avrebbe violato l'immunità parlamentare acquisendo tabulati su telefoni dei parlamentari che, questa è l'ipotesi che fanno i magistrati di Roma, lui già sapeva essere in uso a parlamentari, altrimenti come faceva ad aver commesso intenzionalmente un fatto senza volerlo?
Poi, stessa cosa, altro abuso d'ufficio perché sempre “con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso […] acquisiva i tabulati telefonici relativi a utenze in uso ad appartenenti ai servizi di sicurezza, senza il rispetto delle relative procedure con danno per la sicurezza dello Stato”.
Qui avrebbe addirittura minacciato il Segreto di Stato acquisendo i tabulati di telefoni usati da uomini e da dirigenti dei Servizi Segreti e addirittura dall'allora capo del Sismi, il generale Nicolò Pollari, quello che è stato rinviato a giudizio per avere partecipato o favoreggiato il sequestro di persona di Abu Omar, fatto per cui è sotto processo a Milano, molto ben protetto dai politici di destra e di sinistra.
Ecco, queste sono le due accuse di abuso. Naturalmente presuppongono che Genchi sia lo Spirito Santo, quindi quando chiede alla Tim, alla Wind o alla Vodafone il tabulato di un telefonino, già sappia di chi è quel telefonino. Cioè, tu hai un numero e dal numero capisci, perché sei lo Spirito Santo, che quel numero corrisponde a quella persona.
Di solito, i comuni mortali, per sapere di chi è un numero chiedono il tabulato e poi fanno delle analisi: vedono intanto se è intestato a qualcuno; di solito è intestato a società o a enti. I parlamentari raramente usano telefoni intestati a se, perché raramente pagano le proprie bollette, quindi di solito li hanno intestati o a qualche ente o a qualche ministero o a qualche ufficio pubblico.

Il telefonino di Mastella

Qui si sta parlando del telefonino famoso di Mastella, anche se non l'hanno voluto scrivere. Forse non l'hanno voluto scrivere, se no avrebbero dovuto ammettere, la procura di Roma, non solo di essere incompetenti a giudicare su questo caso ma anche che questa indagine è il duplicato esatto di quella che ha appena concluso la procura di Salerno.
La procura di Salerno si è occupata dell'acquisizione dei tabulati del telefonino in uso a Mastella e ha stabilito che De Magistris non sapeva niente prima di chiedere il tabulato, soltanto dopo era emerso che quel telefono era in uso a Mastella perché in realtà il telefono era intestato alla Camera dei Deputati e poi al DAP, al Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria. Mai alla persona di Mastella. E Comunque era emerso anche che Mastella, i telefoni che aveva in uso lui li passa al figlio, per esempio, che non essendo parlamentare naturalmente non era coperto da nessuna immunità parlamentare.
La procura di Salerno, questo è il problema, ha stabilito che De Magistris quel reato non l'ha commesso e ha chiesto l'archiviazione a Salerno per quel reato che non è stato commesso a Catanzaro. Ora la procura di Roma indaga Genchi per avere fatto, insieme a De Magistris, una cosa che la procura competente ha stabilito che non è stata fatta, allora di Mastella qua non si parla.
La cosa interessante è questa: come nasce la faccenda del telefono di Mastella. E' molto semplice: ai primi di aprile del 2007, due anni fa, De Magistris nell'indagine Why Not deve verificare con chi sta scambiando degli SMS Saladino, il capo della Compagnia delle Opere della Calabria e principale indagato. Il telefono di Saladino ce l'hanno già, hanno i tabulati, gli sms. Devono capire chi sta dall'altra parte che risponde, quindi chiedono il tabulato di un telefonino col prefisso 335.
Naturalmente, il 20 aprile del 2007 cosa succede? Che la Wind comunica il tabulato di quel secondo telefonino, che comunica con Saladino, e anche che quel tabulato è un'utenza del DAP, quindi può essere di una guardia carceraria, di chiunque. Di Mastella nessuno sa niente.
Dall'elaborazione di quel tabulato, vedendo con chi parla e dove si trova, si progredisce ma non si riesce ancora a scoprire che quel tabulato intestato al DAP è di Mastella. Nel mese di maggio 2007 arrivano anche le informazioni dalla TIM, perché quel telefonino prima di essere volturato alla Wind era su TIM ed era intestato alla Camera dei Deputati all'epoca in cui, lo sappiamo adesso, Mastella era parlamentare e non ancora ministro. Quindi mai nominativamente quell'utenza è stata intestata a Clemente Mastella, quindi era assolutamente impossibile attribuirla non soltanto a Mastella ma a un parlamentare. Questo l'ha già scoperto la procura di Salerno, ha già chiesto l'archiviazione per De Magistris liberandolo da ogni sospetto e dimostrando che il ROS, che sosteneva il contrario cioè che fin dall'inizio si sapeva che quel telefono era di Mastella, aveva preso una cantonata clamorosa.
La procura di Roma cosa fa? La stessa indagine contro Genchi, manda lo stesso ROS che ha preso la cantonata epocale a perquisire Genchi.
Ora, se fosse vero che Genchi ha preso il telefono di un parlamentare sapendo che era di un parlamentare, almeno sarebbe reato, ma abbiamo visto che quando ha preso quel tabulato non sapeva che quel telefono era di un parlamentare dunque il reato, se è vero quello che ha scoperto Salerno, non c'è.

Indagato per non aver commesso il fatto

Invece, ancora più bella è la vicenda che riguarda i tabulati di appartenenti ai servizi segreti, perché nemmeno se Genchi avesse saputo che quei telefoni erano di appartenenti ai servizi segreti avrebbe commesso un reato acquisendo il tabulato, in quanto l'immunità parlamentare non copre i membri dei servizi segreti! Copre i parlamentari, a saperlo prima, ma non copre i membri dei servizi segreti, quindi sia che tu lo sappia sia che tu non lo sappia non cambia nulla, perché la legge italiana non proibisce di acquisire tabulati di membri dei servizi segreti!
Dico di più: la legge italiana non impedisce nemmeno di intercettarlo, un membro dei servizi segreti, tant'è che nella relazione del Copasir presieduto da Rutelli, in evidente conflitto di interessi visto che Rutelli era in rapporti con Saladino e in qualche modo Genchi si stava occupando di lui e ora è Rutelli che si occupa di Genchi, c'è scritto che c'è una specie di vuoto di legge e che quindi bisogna cambiare la legge per tutelare meglio gli appartenenti ai servizi segreti che oggi possono essere tranquillamente intercettati, nonché può essere acquisito il tabulato dei loro telefonini.
D'altra parte, ce lo siamo già detto, è vietato dalla legge per un membro dei servizi segreti parlare di segreti di Stato al telefono, quindi se poi viene intercettato, il reato di violazione del segreto di Stato non l'ha commesso il magistrato che l'ha intercettato ma lo spione che non doveva parlare al telefono di un segreto di Stato!
Anche se Genchi avesse saputo, e non lo sapeva, che certi telefonini erano in uso a esponenti dei servizi segreti non era vietato dalla legge acquisire quei tabulati, quindi non si capisce dove sia l'abuso d'ufficio nell'acquisire dei tabulati di persone che sono come me e voi, non hanno nessuna immunità e possono essere controllati, nei loro tabulati e nelle loro telefonate, senza alcun limite.
Poi è chiaro che, a posteriori, quando si scopre che c'è stato un argomento che riguarda il segreto di Stato lo spione può dire “qui c'è segreto di Stato”, ma non è che preventivamente tutto quello che fa uno spione è coperto da segreto di Stato, o almeno la legge così non prevede.
Come abbiamo visto, Genchi è stato perquisito ed è indagato per non aver commesso il fatto.
Passate parola."

Ps. Apprendo ora che la Procura di Palermo ha smentito la notizia riportata da alcuni giornali e ripresa anche da me all'inizio di questo Passaparola: e cioè che il senatore Carlo Vizzini sia stato già iscritto sul registro degli indagati per la vicenda del ririclaggio del tesoro di Ciancimino. Vizzini dunque, almeno per il momento, non risulta indagato nè per riciclaggio nè per altri reati. Marco Travaglio

lunedì 9 marzo 2009

StreamIT la web tv in alta definizione




Sono da poco venuto a sapere della web tv di Streamit
Finalmente una web tv tutta italiana e in alta definizione.
Una televisione che nasce in rete e vuole arrivare a tutti i 300milioni di utenti connessi con la banda larga nel mondo.Collegandosi al sito si ha la possibilità di vedere in streaming otto canali in alta definizione a schermo intero. Per la programmazione è stato usato un programma in origine solo grafico: Adobe Macromedia Flash La gestione dei diversi canali e funzioni si attiva spostando il cursore nella parte bassa dello schermo. Con un click si passa da un video all'altro senza aspettare. Non c'è nessun programma da scaricare, nulla da pagare. La differenza con esperienze come Joost e Babelgum è quindi innanzitutto tecnologica (nel caso delle concorrenti c'è bisogno di installare un programma) e di contenuti. Per adesso Streamit, a scelta tra palinsesto o modalità ondemand, punta sulle animazioni, i cortometraggi, qualche contenuto sportivo, musica, news e un canale sociale dedicato al volontariato, con una vocazione quindi decisamente di nicchia e alternativa alla programmazione della tv tradizionale.
In piu' ora è possibile far diventare il proprio cellulare bluetooth un telecomando cosi' da poter controllare Streamit mentre si è comodamente seduti sul divano .

Colpirne uno per educarne cento



di MARCO TRAVAGLIO

Testo:
"Buongiorno a tutti.
L'altro ieri Silvio Berlusconi ha rilasciato un'intervista a El Mundo, giornale spagnolo, dichiarando che la giudice Gandus, che ha appena giudicato Mills colpevole di essere stato corrotto da Berlusconi, è una militante di sinistra e quindi ci sono dubbi sulla sua imparzialità ma, aggiunge: “sono assolutamente certo di venire assolto quando il processo riprenderà”, anche perché quel processo quando e se riprenderà non sarà presieduto dalla Gandus che diventerà incompatibile non appena scriverà le motivazioni della sentenza su Mills dovrà per forza occuparsi del ruolo dell'imputato per averlo corrotto, cioè Berlusconi.
Poi aggiunge: “purtroppo una parte della magistratura italiana è politicizzata, ha usato e usa il proprio potere come arma di lotta politica contro gli avversari, in particolare contro l'unico esponente del centro destra a poter prevalere sulla sinistra. I giudici politicizzati hanno tentato di ribaltare il risultato democratico riuscendovi nel 1994, con un'accusa da cui sono stato naturalmente assolto con formula piena, dopo dieci anni di processi”. Era la famosa storia della corruzione della Guardia di Finanza.
Poi da i soliti dati fantasiosi sui processi subiti e dice: “Conclusione: sono sempre stato risultato innocente perché, fortunatamente, i giudici imparziali sono ancora la maggioranza”.

I porti delle nebbie

Naturalmente, trattandosi di uno dei più noti ballisti della Terra non è il caso di sottolineare quante bugie ci sono in queste affermazioni, però è interessante un dato: abbiamo spesso parlato dei risultati che già ha ottenuto la campagna fatta in questi anni contro i magistrati che si occupano dei potenti per applicare la legge in maniera uguale per tutti, anche a loro e non solo ai poveracci. Sono stati sterminati. Di Pietro è stato costretto a lasciare la magistratura con i noti ricatti dei dossier dei processi di Brescia, Clementina Forleo è stata cacciata da Milano dopo essersi occupata di Unipol, Luigi De Magistris cacciato da Catanzaro dopo essersi occupato delle porcherie politico-giudiziarie criminali della regione Calabria, i magistrati di Salerno sono stati cacciati dopo avere rimesso il naso in quelle vicende; insomma, avevamo sempre usato uno slogan prendendolo a prestito da Mao e dalle Brigate Rosse: colpirne uno per educarne cento, colpirne due, tre, cinque, sette, dieci, quindici per educarli tutti e diecimila.
Per fortuna non sono ancora riusciti a educarli tutti e diecimila, vi posso assicurare anche per esperienza personale essendo molto spesso imputato in processi per diffamazione, che ci sono giudici scrupolosissimi, molto garantisti che vanno a vedere riga per riga quello che è successo per evitare di commettere degli errori. E e ce ne sono anche nelle sedi dove meno ce lo si aspetta, tipo Roma che ha sempre su di se questo alone che si porta dietro da decenni di porto delle nebbie e delle sabbie.
Io direi, indipendentemente dai luoghi geografici e dall'altitudine, il porto delle nebbie è diventato diffuso, trasversale nel senso che in ogni Tribunale, in ogni Procura probabilmente, c'è un piccolo porticino delle nebbie dove i magistrati che vogliono fare carriera o semplicemente stare tranquilli fino alla pensione sanno cosa devono fare.
Un esempio chiaro del risultato ottenuto dopo quindici anni di massacro dei magistrati più coraggiosi e onesti, quelli che semplicemente si comportano in base alle leggi e alla Costituzione, è proprio questo ed è sintomatico quello che è successo nei processi al Cavaliere.
Il Cavaliere rarissimamente è risultato innocente, come dice lui: sapete che ha avuto, se non ricordo male, diciassette o diciotto processi nei quali nella gran parte dei casi... ma questo l'abbiamo detto in un altro Passaparola, credo quello che trovate nel terzo DVD: Mafiocrazia. Lì trovate tutti i dati dei processi al Cavaliere, soprattutto i processi nei quali lui dice di essere stato assolto invece è stato prescritto, oppure ha depenalizzato il suo reato, dimezzato per legge i termini di prescrizione o come col falso in bilancio opportunamente ritoccato.

Prima si assolve Berlusconi, poi si decide perché

Mi voglio occupare, invece, dei processi nei quali il Cavaliere è stato assolto o prosciolto o archiviato perché questi processi denotano chiaramente, secondo me e la mia libera funzione critica dopo avere letto e riletto i provvedimenti giudiziari, la volontà di assolvere e di liberarsi del fascicolo. Prima si decide che Berlusconi non può essere processato dopo ci si arrampica sugli specchi e sui vetri per trovare una motivazione che regga; e purtroppo non sempre regge, perché i fatti alla fine sono molto più forti di ogni tentativo di soffocarli: metti il tappo di qua ed escono fuori di la.
Ci sono dei provvedimenti scombiccherati che non stanno né in cielo né in terra sui quali, però, si basano assoluzioni provvisorie o definitive.
Partiamo dall'inizio della storia giudiziaria del Cavaliere: il processo nel quale dice di essere risultato assolto con formula piena, quello delle tangenti Fininvest alla Guardia di Finanza.
In realtà è accertato in via definitiva dalla Cassazione che la Fininvest era solita corrompere la Guardia di Finanza, infatti il manager che pagava le tangenti ai finanzieri è stato condannato in via definitiva – Salvatore Sciascia che poi Berlusconi ha portato in Parlamento per premiarlo -; il consulente della Fininvest, l'avvocato Berruti che depistò le indagini sulla Guardia di Finanza, è stato condannato per favoreggiamento e quindi Berlusconi l'ha promosso portandolo in Parlamento, segno evidente che non gliene importa niente dell'innocenza o della colpevolezza: lui va in Parlamento dicendo di essere assolto, Sciascia e Berruti – condannati – li ha portati con sé e quindi è evidente che per lui colpevoli o innocenti non fa nessuna differenza.
Ma sarà poi vero che Berlusconi è stato ritenuto assolto con formula piena? Assolutamente no, la formula è quella dubitativa, quella della vecchia insufficienza di prove che oggi potete trovare riassunta nel comma 2 dell'articolo 530 del codice di procedura penale laddove si parla di quando la prova è insufficiente o contraddittoria o mancante. In questo caso la prova era insufficiente o contraddittoria.
Voi sapete che ci voleva qualcuno che dava l'autorizzazione a Sciascia a pagare le tangenti ai finanzieri perché Sciascia era semplicemente il capo dei servizi fiscali della Fininvest ma mai da solo avrebbe preso una decisione così compromettente, di corrompere i finanzieri ogni volta che andavano a fare le ispezioni.
Soprattutto ci voleva qualcuno che desse i soldi a Sciascia per pagare i finanzieri a botte di 100 o 120 milioni di lire ad ogni verifica fiscale, escludendo che se li autotassasse dal proprio stipendio per corrompere i marescialli.

Fininvest: programmati per corrompere

Infatti su chi avesse dato l'autorizzazione e i soldi a Sciascia si è aperto un dibattito: inizialmente si è arrestato Paolo Berlusconi che confessa di essere stato lui e di avere fatto tutto da solo, anche perché il fratello era Presidente del Consiglio; poi si scopre che in realtà il Presidente del Consiglio aveva incontrato Berruti un minuto prima che questo facesse il depistaggio delle indagini, allora viene sospettato anche Silvio e viene indagato e viene fatto il processo. Nel primo e nel secondo grado viene ritenuto che Silvio sia responsabile come mandante di quelle tangenti.
Nel primo grado viene condannato, in appello viene salvato dalla prescrizione, la Cassazione gli leva pure la prescrizione dicendo che non c'è prova sufficiente che sia stato lui: potrebbe essere stato anche Paolo, cioè recupera la tesi originaria, che però è stata abbandonata dalla Corte D'Appello che ha assolto Paolo, non credendo che fosse colpevole quindi alla confessione.
Non è sempre colpevole chi confessa, vedete per esempio il caso dei rumeni: i giudici avevano ritenuto che Paolo si fosse autoaccusato per coprire il fratello Silvio.
La Cassazione ha ribaltato dicendo che “potrebbe essere stato Paolo a ordinare quelle tangenti, ma non possiamo più processarlo perché l'abbiamo già assolto una volta”. Sapete che in Italia, giustamente, non si può processare una persona due volte per lo stesso reato, e quindi alla fine il mandante è mandato impunito, non accertato: i giudici scrivono che “sicuramente Sciascia operava per conto del gruppo, per l'illecito vantaggio del gruppo e non a titolo personale”. Che c'era una “predisposizione della Fininvest a gestire in modo programmato le situazioni oggetto di causa”, cioè la Fininvest era predisposta per corrompere la Guardia di Finanza ogni volta che un finanziere arrivava a fare una verifica fiscale “anche con la formazione di fondi per la programmazione extra bilancio e la designazione di uno specifico soggetto, Sciascia, delegato a tenere opportuni contatti”.
Cioè, la Fininvest aveva in fondi neri per pagare i finanzieri, aveva un addetto alla corruzione dei finanzieri – quello che adesso sta in Parlamento – questo scrive la Cassazione, il che naturalmente configura una condotta “reiterata, sistematica, programmata di corruzione propria”.
Scattò anche il programmatico inquinamento delle prove con i depistaggi di Berruti ma, scrivono i giudici, “tenuto conto di quanto già osservato sulla insufficienza probatoria nei confronti di Berlusconi” scatta l'assoluzione con la formula dubitativa. E fin qui... se i giudici ritengono che le prove non siano sufficienti fanno bene a non condannare, non c'è nulla di scandaloso in questa sentenza, basta conoscerla e sapere che non c'è stata un'assoluzione con formula piena ma con formula dubitativa perché si dice che o Silvio o Paolo autorizzavano e che l'azienda comunque era programmata per corrompere.

Troppo ricco per sapere

Più divertente è la sentenza per il caso Medusa, un piccolo caso – piccolo perché Berlusconi ne ha fatte di peggio – di falso in bilancio. Berlusconi acquista la Medusa Cinematografica, la società di produzione e distribuzione dei film che la fa da padrona in Italia, e in quell'acquisto è accusato di essersi messo in tasca, su alcuni suoi libretti al portatore, dieci miliardi di lire in nero.
In primo grado lo condannano a un anno e quattro mesi, in appello lo assolvono con la solita formula dubitativa - quella che secondo lui è la formula piena, non ha ancora capito la differenza – il solito comma 2 dell'articolo 530.
Il fatto è assolutamente accertato: Berlusconi si è pappato dieci miliardi di lire neri in quella operazione. Ma, scrivono i giudici d'appello con grande sprezzo del pericolo e del ridicolo che Berlusconi è così ricco che potrebbe persino non essersi accorto che nella compravendita entravano dieci miliardi in nero sui suoi libretti. Sui suoi, eh, non su quelli di un altro. La compravendita l'ha fatta Bernasconi, uno dei suoi manager, e Bernasconi potrebbe anche avergli infilato quei dieci miliardi così per fargli una sorpresa, senza avvertirlo, e lui essendo molto ricco non essersene accorto.
Guardate che sono spiritosi, questi giudici. Giudici milanesi, fra l'altro, le famose toghe rosse.
Scrivono, dunque, i giudici: “la molteplicità dei libretti riconducibili alla famiglia Berlusconi e le notorie rilevanti dimensioni del patrimonio di Berlusconi, postulano l'impossibilità di conoscenza sia dell'incremento sia dell'origine dello stesso”. Uno incrementa di dieci miliardi di lire un suo libretto al portatore, ma ne ha talmente tanti che non se ne accorge, poveretto.
Questa è la seconda sentenza, e qui ci avviciniamo già al porto delle nebbie e delle sabbie, anche se siamo a Milano.

L'attenuante del “così fan tutti”

Poi abbiamo le sentenze Mondadori, che partono molto bene nel senso che il GIP - quando gli chiedono di rinviare a giudizio Berlusconi, Previti, il giudice Metta e gli altri avvocati della Fininvest accusati di avere comprato la sentenza che nel 1990 annullava il lodo Mondadori e toglieva la Mondadori a De Benedetti per darla a Berlusconi – che si chiama Rosario Lupo proscioglie tutti gli imputati e respinge la richiesta di rinvio a giudizio, sempre sulla base del comma 2 dell'articolo 530, dicendo che non ci sono sufficienti prove per rinviarli a giudizio.
La procura fa ricorso in appello e la Corte D'Appello rinvia a giudizio tutti gli imputati, tranne uno: Berlusconi. Come fa la corte D'Appello a salvare Berlusconi e a rinvia a giudizio gli altri, visto che il fatto era lo stesso e la Mondadori se l'è pappata lui e non i suoi avvocati, Previti, Pacifico e Acampora che materialmente fecero arrivare al giudice Metta la tangente di 420 milioni di lire?
Scrivono i giudici della Corte D'Appello: “è ormai evidente un sistema di mercimonio delle pronunce giudiziarie nell'area romana”, cioè visto che all'epoca a Roma si vendevano e si compravano sentenze, questo implica che Berlusconi si è adeguato all'andazzo e quindi merita, scrivono i giudici, “una valutazione favorevole in termini di gravità del fatto e capacità criminosa”. Visto che si è comprato una sentenza in un posto dove anche altri compravano sentenze, la cosa è meno grave. Come dire che se uno spaccia droga sotto casa sua è più grave, se la spaccia ai giardinetti dove ci sono altri spacciatori c'è un'attenuante particolare. Pensate a cosa si appigliano pur di salvare Berlusconi queste toghe rosse milanesi politicizzate.
“Berlusconi – scrivono – sceglie un professionista – cioè Previti – per ottenere una pronuncia favorevole che spende somme di denaro anche ingenti, paga onorari cospicui” e poi non si interessa di come i suoi avvocati vincono la causa Mondadori, potrebbero anche aver corrotto i giudici spendendo soldi suoi senza dirglielo.
Infatti lui potrebbe “non essersi informato dei reali sistemi dell'attività professionali” usati da Previti & c. per vincere la causa Mondadori. “L'intensità del dolo deve ritenersi diminuita a causa della preesistente e pericolosa corruttibilità dell'ambiente giudiziario competente” cioè di Roma.
Il “così fan tutti” invece di diventare un'aggravante diventa un'attenuante: quindi gli danno le attenuanti generiche che fanno scattare la prescrizione solo per lui e non per gli altri.
Secondo, l'imputato Berlusconi ha all'epoca della vicenda e successivamente alla sentenza comprata “favorito la composizione degli interessi patrimoniali derivanti dal Lodo, addivenendo a un accordo con la parte offesa” cioè con De Benedetti. Già, perché dopo essersi fregato la Mondadori, Berlusconi fu costretto da Andreotti a una transazione extragiudiziale restituendo una parte del maltolto: sapendo di averla rubata, la Mondadori, restituì a De Benedetti almeno Repubblica, L'Espresso e i giornali locali.
Uno ruba una macchina, poi restituisce il volante al legittimo proprietario e gli danno le attenuanti generiche perché è stato generoso, un pezzo della refurtiva l'ha ridata al proprietario. E' tutto scritto in una sentenza, io lo trovo fantastico. A Milano... le toghe rosse.
“Il privato – terzo motivo per cui danno le attenuanti generiche a Berlusconi – ha agito nell'ambito di un'attività economica imprenditoriale di importanza nazionale, le cui zone d'ombra non possono condurre a una preconcetta valutazione ostativa della concessione delle attenuanti generiche. Soprattutto in virtù – scrivono i giudici e questa ve la dovete segnare perché è meravigliosa – delle attuali condizioni di vita individuale e sociale, il cui oggettivo rilievo di per sé giustifica l'applicazione delle attenuanti generiche”. Cioè: adesso Berlusconi ha delle condizioni individuali e sociali di vita – è presidente del Consiglio in quel momento, siamo nel 2001, è appena tornato a Palazzo Chigi per la seconda volta – talmente elevate che di per sé giustificano l'applicazione delle attenuanti generiche.
Fosse stato un pirla qualunque, un passante o peggio ancora un barbone no, ma le condizioni di vita personali e sociali di Berlusconi sono di per sé motivo per trattarlo meglio rispetto agli altri. Qui c'è da domandarsi se siamo impazziti, visto che la legge è uguale per tutti e semmai bisognerebbe usare più severità nei confronti di chi sta in alto nella scala sociale, perché chi sta in basso e delinque magari ha qualche motivo di sopravvivenza per farlo, ma chi sta in alto certamente non ha bisogno di rubare. Viene rivoltato tutto questo pur di assolvere questo sant'uomo.
Naturalmente, questa sentenza fa talmente ridere che i PM la impugnano in Cassazione, che la conferma ma almeno ci risparmia l'ultima delle fesserie, cioè quella della corruttibilità dell'ambiente di Roma. Almeno il fatto che a Roma fosse usuale vendere e comprare sentenze glielo tolgono tra i motivi di concessione delle generiche mentre confermano che le sue condizioni di vita individuale e sociale gli danno diritto alle generiche; non, spiegano in Cassazione, per le cariche istituzionali che ricopre ma semplicemente per la condotta di vita successiva all'ipotizzato delitto. Non è più quel furbetto degli anni Ottanta, è diventato molto onesto. Se avessero saputo cosa avrebbe combinato dopo nel caso Saccà ecc. forse queste cose non le avrebbero scritte.
Comunque Berlusconi esce con queste motivazioni per prescrizione del reato nel caso Mondadori, mentre il giudice che gli ha dato la Mondadori e ha preso i soldi dalla Fininvest e gli avvocati, Previti, Pacifico e Acampora, che hanno pagato quel giudice Metta perché annullasse il lodo Mondadori e la desse a Berlusconi vengono tutti condannati per corruzione giudiziaria, mentre il presunto mandante si è salvato con quelle simpatiche motivazioni che vi ho letto prima.

Troppo furbo per pagare con bonifico ma anche in contanti.

Andiamo avanti, perché ci sono ancora almeno due sentenze piuttosto interessanti.
La prima è quella che abbiamo esaminato sull'Espresso: ho pubblicato un articolo sull'Espresso questa settimana in cui ricordo come Berlusconi è uscito dall'altro processo per corruzione dei giudici, quello del caso Squillante-Sme, in cui era accusato non solo di compravendita della sentenza Sme – quella l'ha fatta un altro giudice, Filippo Verde, che poi è stato assolto: si è ritenuto anche lì che non ci fossero elementi per condannare. Era un processo indiziario e poteva anche essere giusto quell'approdo. Invece c'era un caso in cui sembrava matematicamente impossibile assolvere gli imputati, quello del famoso bonifico che il 6 marzo del 1991 rimbalza in poche ore da un conto estero della Fininvest alimentato da soldi di Berlusconi – il conto Polifemo – al conto estero di Previti – il conto Mercier – al conto svizzero di Squillante – il conto Rovena. In poche ore passa su quei tre conti la stessa cifra che transita dall'uno all'altro senza nemmeno uno spostamento di virgola, di decimali: sono 434.404 dollari, pari a 500 milioni di lire al cambio di quel giorno.
Bonifico diretto, non c'è dubbio: Berlusconi paga Previti, Previti paga Squillante subito dopo. Squillante è un giudice, Previti è un avvocato, Berlusconi è all'epoca un imprenditore molto legato alla politica e molto bisognoso di sostegni giudiziari.
Come fanno a salvare Berlusconi in questo processo? E' il processo che lo faceva impazzire, che era riuscito a sospendere col lodo Maccanico-Schifani, che quando il lodo era stato dichiarato incostituzionale dalla Consulta si era fatto fare apposta dal suo avvocato, Pecorella, presidente della Commissione Giustizia della Camera, la legge che aboliva l'appello. Era terrorizzato dal processo d'appello che era nato dal ricorso della procura dopo che in primo grado l'avevano assolto per altri fatti, quella Sme, ma per quello avevano dichiarato prescritto il reato dandogli le attenuanti generiche. Era terrorizzato che in appello i giudici potessero negargli le attenuanti generiche trasformando quindi la prescrizione in condanna.
Era terrorizzato perché evidentemente le cose le conosce molto bene e sa di avere lasciato le impronte digitali in quel caso.
Bene, i giudici riescono miracolosamente – in appello – ad assolverlo. Gli levano la prescrizione e gli danno l'assoluzione, ancora una volta con la formula dubitativa.
Qui sfioriamo il triplo salto mortale carpiato con avvitamento logico, anzi illogico. Cosa dicono? Il bonifico è accertato, 434.404 dollari da un conto all'altro. La finalità corruttiva di quel bonifico dal conto estero riferibile a lui, al conto estero di Previti, al conto del giudice Squillante è accertata. Allora i giudici dicono: “non si vede perché mai un imprenditore avveduto come Berlusconi, dotato di immense disponibilità finanziare avrebbe dovuto effettuare o fare effettuare un pagamento corruttivo attraverso una modalità, il bonifico bancario, destinata a lasciare traccia anziché con denaro contante”.
Effettivamente, se non ci fosse quel bonifico documentato dalle contabili bancarie e lo sentiste raccontare in giro tipo “Berlusconi ha fatto fare un bonifico da un suo conto estero al suo avvocato che l'ha girato al giudice” dici “è scemo, così rimangono le tracce”. E' un ragionamento che può reggere, finché non arrivano le carte che dimostrano che quel bonifico c'è stato. Io posso anche dire “figuriamoci se quel tizio che è un mago dell'automobilismo è andato a sbattere contro un semaforo”, dopodiché se vedi la sua macchina spiaccicata contro il semaforo non puoi dire “figuriamoci” perché la stai vedendo!
In questo caso i giudici scrivono “figuriamoci se ha fatto un bonifico lasciando tracce” anche se Berlusconi ha fatto il bonifico lasciando tracce. Dicono, invece, che era più probabile che Berlusconi per pagare i giudici romani facesse pagamenti in contante. Uno dice “ma ha fatto il bonifico, come puoi dire che è più probabile che faccia pagamenti in contati visto che sei in presenza di un bonifico? Valuta quel bonifico! Hai le carte arrivate dalla Svizzera, Berlusconi ha pure cercato di farle cestinare con la legge sulle rogatorie che poi non gli è riuscita perché l'avevano scritta male...”.
Così scrivono i giudici, Berlusconi è talmente furbo che fa un versamento cash e non un bonifico. Come facciano a saperlo questi giudici, tra l'altro... speriamo che non lo sappiano per esperienza personale.
In ogni caso così scrivono, quindi Berlusconi è innocente a prescindere a questo punto: se non lascia tracce con un bonifico e paga cash è impossibile incastrarlo in quanto non ci sono tracce né prove. Se invece lascia tracce facendo un bonifico, il giudice si rifiuta di credere ai propri occhi e dice “figuriamoci se ha lasciato tracce, sicuramente lui paga solo cash”. Anche se se sei con un bonifico in mano non ne vuoi prendere atto.
Dopodiché si va avanti in questa sentenza e si esaminano altri due capi di imputazione, relativi alle accuse di Stefania Ariosto che dice di aver assistito due volte, una volta al Circolo Canottieri Lazio, una a casa di Previti, a versamenti fatti cash da Previti al giudice Squillante: Previti che prende i soldi e li metteva in mano a Squillante, una volta su un tavolino e una volta in una busta in garage.
L'Ariosto dice “sapevo, mi veniva detto, mi veniva confermato che quelli erano soldi di Berlusconi”. Anche per questo Berlusconi è stato processato, come Previti e Squillante: i giudici a questo proposito si superano, scrivendo il contrario di quello che hanno scritto a proposito del bonifico. Dicono che il racconto dell'Ariosto “desta ovvie perplessità sulla tesi deviante, rispetto all'esperienza, che persone accorte e professionalmente qualificate come Previti e Squillante si spartissero” mazzette “coram populo”.
Se Berlusconi lascia le tracce con un bonifico bancario, i giudici dicono “figuriamoci se fa un bonifico bancario, è chiaro che lui è uno che paga cash”. Se l'Ariosto vede Previti che paga cash il giudice in questione, allora i magistrati della Corte d'Appello di Milano dicono “figuriamoci se paga cash, uno così fa un bonifico, no?”.
Vedete che la corruzione con queste premesse esiste soltanto quando non viene scoperta: se la scopri da un bonifico non va bene perché è assolutamente impossibile, logicamente parlando; se la scopri perché c'è un testimone che ha visto un pagamento cash non gli credi dicendo “ma figurati, è una scena impossibile, chiaro che gente accorta così fa un bonifico!”.
E' un po' come ne “Il comma 22”, il famoso romanzo di Joseph Heller: il pilota militare può essere esonerato dai voli di guerra soltanto se è pazzo, ma chi chiede di essere esonerato dai voli di guerra è sano, perché è il pazzo che va a fare i voli di guerra, quindi è impossibile essere esonerati dai voli di guerra, soprattutto se si chiama Berlusconi.
Passate parola."

sabato 7 marzo 2009

Energia infinita a costo ed inquinamento zero



Brevettato il motore magnetico di Perendev

Il video parla da se.
per info ecco il link della casa costruttrice
www.perendev-power.com

Beppe Grillo in diretta televisiva su SkyTg24 Dopo 15 anni.




riporto il post di Beppe Grillo

Ieri sera SkyTG24 mi ha intervistato in diretta. Non mi capitava da quindici anni! Vi pubblico un estratto del video.

Giornalista: “Allora, lo abbiamo detto, saluto in collegamento in diretta con noi, con Nightline SkyTg24, Beppe Grillo. Buonasera Beppe, grazie per essere con noi”.
Beppe: “Grazie a voi, grazie a voi. Dopo 15 anni faccio una diretta televisiva. Siete la seconda televisione che mi riprende in diretta dopo la Digos. Quindi va benissimo. E poi siete una televisione straordinaria, quasi familiare. ‘Gino hai visto? Ciao Cinzia! Come sta? Siete lì? Saluti a Davide…’ Non so perché e cosa dobbiamo dire. Avrei miliardi di cose da dire. E dal 1993 che non faccio una diretta televisiva. Ma voglio essere sintetico, perché stiamo preparando un progetto che è durato cinque anni e che andrà in porto forse domenica a Firenze.
Abbiamo parlato di Liste Civiche. Qualcuno ha sentito forse delle Liste Civiche, del Meetup, del Blog… Una cosa partita cinque anni fa. Io facevo il comico, poi mi sono trovato a vedere negli Stati Uniti i Meetup, i blog. Ho aperto un blog e grazie all’intervento di migliaia di persone, di cittadini informati, siamo diventati secondo Forbes il settimo blog del mondo su un miliardo di utenti.
La Rete sta cambiando il mondo, con i social network, con facebook, con myspace, con i blog. La Rete sta cambiando la vita dei cittadini. ”
Giornalista: “Qualcuno, per questo approccio alla Rete e alla tecnologia, l’ha definita l’Obama italiano. Sicuramente non per il colore della pelle.”
Beppe: “Obama sta copiando. Ci sta copiando. No, scherzo. Obama è nato dalla Rete. Mette le leggi online e le fa discutere per dieci giorni prima di firmarle. Proviene dai cittadini, finanziato dai cittadini. Il suo primo discorso l’ha fatto su Youtube e i suoi referenti sono i cittadini. È una democrazia capovolta. Noi siamo in un empasse tremendo, siamo in una crisi economica che darà mazzate terrificanti a questi psiconani, ballerine, gnomi, folletti e amici degli amici. Stiamo delirando. C’è un delirio dell’economia, della politica. I partiti sono scomparsi. Han detto che io facevo l’antipolitica perché dicevo che i partiti erano morti. Vi ricordate? Sono scomparsi. Sono scomparsi perché non ci sono mai stati. Non c’era una sinistra, non c’era una destra, non c’era una opposizione. C’era una presa per il culo di milioni di cittadini. Ci sono state elezioni senza poter scegliere il candidato. Abbiamo 18 condannati in via definitiva ancora in Parlamento. I fuorilegge fanno le leggi. Abbiamo un centinaio di persone, in Parlamento, condannate in primo grado, in secondo grado, o prescritti, patteggiati. C’è qualsiasi cosa. È diventato una discarica il nostro Parlamento.
Giornalista: “E’ entrato subito, ovviamente, diretto a parlare di politica importante.”
Beppe: “No, non è politica questa. Sto parlando di rifiuti tossico-nocivi. Non è politica. La politica è rovesciare il concetto. Vuol dire mandar via i partiti. Cittadini informati, con l’elmetto. Cittadini informati che fanno liste civiche. Liste civiche, entrare nei comuni. È lì che si decide la qualità della vita delle persone. Nei comuni.”
Giornalista: “Ecco, allora partiamo da qua. Domenica a Firenze presenterete le ‘Liste Civiche per un Nuovo Risorgimento’ le avete definite. Molti giovani e soprattutto quelle caratteristiche ben precise per poter entrare a far parte di questo progetto.”
Beppe: “Sì, le liste civiche nascono così. Nascono un po’ dai Meetup che sono questi gruppi che lavorano con me condividendo le mie idee, le nostre idee. Sono Liste Civiche a Cinque Stelle. Noi parliamo di cose vere, di politica vera. Parliamo di riciclaggio dei rifiuti, parliamo di raccolta differenziata porta a porta piuttosto che inceneritori, parliamo di wifi, di connessione libera e gratuita. Parliamo di mobilità. Qui il delirio di questa gente che sta investendo miliardi che non hanno in infrastrutture assurde. Non le faranno mai. Non le faranno mai. Perché la mobilità non è far passare dei camion sui ponti, il corridoio cinque, unire la Turchia con l’Ucraina. Stanno delirando. La mobilità del futuro sarà quella di stare più fermi possibile. Far girare le idee. La Rete è la mobilità. […] Un ragazzo di 27 anni nel comune di Treviso si sta portando dietro tutti perché ha avuto due idee. Ed è un ragazzo che guadagna 250 euro al mese. Ed è nel comune di Treviso, un comune molto importante. Ha fatto due cose: raccolta differenziata in 90 scuole a costo zero per il comune e per le scuole. Ha ideato un software opensource. Via Skype un cittadino di Treviso con una chiamata può mettersi in contatto con la persona che gli risolve il problema, senza prendere la macchina e girare e intasare il traffico. Attraverso Skype, una chat con Skype. A costo zero per il comune. Abbiamo quarantamila idee. L’accesso gratuito alla Rete…”
Giornalista: “Perché in Italia è così difficile far muovere queste idee anche quando queste idee potrebbero dipendere da piccole amministrazioni locali”
Beppe: “Si parte alla rovescia. Partiamo dai comuni. Abbiamo lanciato ‘Fiato sul Collo’. Un cittadino va a casa sua, dove ci sono i suoi dipendenti che fanno un consiglio sulla sua vita per svendere il suo territorio e la sua qualità della vita e non li fanno neanche entrare. Vorrebbero riprendere e mettere nella Rete. Quando queste persone vengono riprese e messe nella piazza informatica che è la Rete si scopre il giochino, ecco perché non vogliono essere ripresi. Allora i discorsi sono semplici. Allora via questa gentaglia di settant’anni. Via questa gente. Entrare persone diverse. Cittadini che entrano nei comuni, poi dai comuni alle regioni e dalle regioni forse in Parlamento. Noi parliamo di acqua pubblica. Voglio sapere cosa ne pensa la destra o la sinistra sul privatizzare l’acqua e metterla di proprietà di una S.p.A. Voglio sapere che cosa pensa sul wifi. Noi abbiamo una legge incredibili. Solo noi, la Birmania e la Cina. La famosa legge Pisanu. Ho visto quella mezza cartuccia di Pisanu andare in televisione a fare il democratico. Ha di fatto con la sua legge antiterrorismo bloccato il wifi libero. Vai a Parigi, Londra, vedi la gente che lavora nelle biblioteche, nei parchi di tutte le città del mondo. Noi abbiamo delle mancanze gravissime […]
Per fare il riassunto di quello che ho detto - questi ragazzi che hanno lavorato su questi temi: acqua, inceneritori, energia, wifi, mobilità, trasporti, cose vere, per cinque anni – abbiamo discusso queste idee, dibattuto queste idee con premi Nobel, perché ci scrivono premi Nobel sulla Rete, bene questi ragazzi faranno delle liste civiche. Sono nessuno, sono ragazzi. Non hanno una lira, non abbiamo una lira, non siamo finanziati da nessuno, non abbiamo sovvenzioni. I media ci danno ovviamente contro. È la prima intervista che faccio con una televisione. Ecco perché sono così esaltato e cerco di essere conciso per dire tutta la mia vita degli ultimi cinque anni. […] Ripeto. Le liste civiche ci saranno. Ci credo perché ci ho messo la vita, ci ho messo la mia professione. Ci ho messo tutto in questo progetto. Come ci hanno messo tutto migliaia di ragazzi e giovani che vogliono avere una prospettiva nella vita. Le liste civiche saranno il primo passo, non si fermeranno. Noi siamo lenti perché abbiamo contro i media, i giornali. Ma siamo un virus dal basso, non ci fermerete mai. Voi provateci, ma non ci fermerete mai. Grazie dell’intervista.[…]
Giornalista: “Le chiedo solo un’ultima nota. A Firenze, l’appuntamento dove e a che ora.”
Beppe: “L’appuntamento è al teatro Saschall di Firenze. Io ci sarò dal mattino alle 10 fino a sera inoltrata ci saranno persone che parleranno, ci saranno grossi personaggi. Riccardo Petrella parlerà dell’acqua che deve essere pubblica, è il più grande filosofo dell’acqua del mondo. È un uomo meraviglioso, un professore. Parleranno professori, parleranno medici, parleranno giornalisti. Parlerà Travaglio, parleranno economisti. Parleranno persone fantastiche, quelle che hanno parlato al VDay, che non avete neanche menzionato. Da lì usciremo con la Carta di Firenze, la famosa Carta di Firenze. Io credo molto in questa città. La Carta di Firenze con 12 punti che vorremmo fare nelle nostre città, ogni lista civica, controllata da noi. Devono essere ragazzi incensurati, non devono aver fatto politica per più di un mandato, devono risiedere nella città che vanno ad occupare politicamente.”
Giornalista: “Noi ne daremo conto, come dimostra questa intervista che era dal 1993 che non avveniva. Grazie Beppe Grillo.”
Beppe: “Io vi ringrazio. Ringrazio voi e, sempre, la Digos!”

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